VISITA 2008
Progetto Sostegno Scolastico (ESP)
Novembre 2008
Nei giorni 29-30-31 Ottobre abbiamo finalmente visitato i villaggi dei bambini sostenuti. L'aiuto che portiamo, seppur minimo, contribuisce a rendere meno problematica l'esistenza dei ragazzi ed a consentire loro di frequentare la scuola.
Tutti i ragazzi sono stati molto contenti di ricevere il materiale scolastico, le divise e gli indumenti acquistati con il contributo dei sostenitori italiani.
video
VIDEO sul viaggio dell'Ottobre 2008 (clicca sulla foto sopra)
Mercoledi 29 Ottobre 2008

I villaggi del progetto ESP (Educational Sponsorship Project) sono localizzati nella parte sud-orientale della Provincia di Kampong Chhnang, precisamente nel Distretto di Kampong Tralach.
Consultando la cartina della Cambogia, la zona di trova più o meno a circa 50-60 Km a nord di Phnom Penh (la capitale), nelle vicinanze del fiume Tonle Sap River.

Arrivare ai villaggi è molto difficile. Si devia dalla NR5 verso destra e dopo alcuni km di strada sterrata, invasa come al solito da animali di ogni genere e da bambini ovunque, si arriva al villaggio di Kampong Tralach. Qui la strada termina, per arrivare ai villaggi di Ampil Tek occorre obbligatoriamente prendere la barca. I villaggi del progetto di sostegno, infatti, sono localizzati in una sorta di isola, lunga circa 12 km e larga 4 km, che si trova in mezzo a due rami dell'enorme fiume Tonle Sap River. Durante la stagione delle piogge, che dura approssimativamente per 5 mesi all'anno, il corso di questo fiume si inverte, ovvero porta acqua dal Mekong verso l'immenso lago Tonle Sap, posto al centro della Cambogia. E' in questo periodo, quando i monsoni la fanno da padrone, che l'isola dei villaggi di Ampil Tek va di fatto quasi completamente sott'acqua; rimangono fuori soltanto due piccole strisce di terreno, in corrispondenza delle rispettive sponde destra e sinistra, strisce di terra larghe non più di 50-80 metri ciascuna. E' proprio in questi lembi di terreno che questa povera gente è costretta a vivere per molti mesi, in capanne di paglia che mal sopportano le piogge torrenziali, in mezzo al fango mischiato agli escrementi dei numerosissimi animali domestici (vacche, maiali, bufali, galline), senza luce, senza acqua potabile, senza una strada, senza niente.
Si arriva ai villaggi dopo un'ora di viaggio su di una incerta barchetta a motore, unico mezzo di collegamento con il resto del mondo vicino (che poi così meglio di qui proprio non è). Qualsiasi necessità urgente di queste persone è destinata a rimanere senza risposta immediata.
Le capanne di legno e paglia si susseguono lungo queste strisce di terreno, a decine, tutte malmesse e circondate da una moltitudine di animali. Spostarsi da una capanna all'altra è difficile in questo periodo, anche per fare qualche decina di metri è necessario risalire in barca e riaccostare più avanti, perchè quella che nella stagione secca è una specie di strada percorribile almeno a piedi o in bicicletta, ora è un ammasso deforme di fango che non consente di camminare. Anche togliendosi le scarpe e proseguendo a piedi nudi nella miscela di fango ed escrementi, come purtroppo ho dovuto fare io, è quasi impossibile. Non esiste elettricità, e questo è un grande problema per un posto come questo dove alle 18 di ogni sera, di tutto l'anno, è già buio pesto. Non c'è acqua potabile, perchè è impossibile realizzare pozzi in una terra perennemente allagata. Le uniche risorse sono le giare di raccolta dell'acqua piovana, utilizzabili finchè piove, poi quando si entra nei mesi della stagione secca, il solo modo di bere è quello di affidarsi all'acqua marrone del Tonle Sap River. Acqua del fiume dove ovviamente finisce ogni tipo di scarico organico di questa gente.
E poi i bambini....già, le centinaia di bambini che popolano questi villaggi. Bambini ovunque, piccoli, piccolissimi, di età indefinibile, bambini che vagano scalzi e fangosi, seminudi, che improvvisano semplici giochi con le galline o con i maiali, che ti sorridono sempre, che ti si accalcano intorno, che si vergognano quando li guardi fissi negli occhi. Sono loro la vera essenza di questi posti, bambini che spesso non arrivano ai 5 anni perchè alcune malattie assurde come una semplice diarrea se li portano via. Ho visto con i miei occhi, e pensavo che al mondo non esistesse più o comunque non in queste zona, una ragazzetta di circa 15 anni con la faccia tumefatta dalla lebbra. Da non credere. Ma tutti ti sorridono, almeno in apparenza, anche i grandi, quelli che a 30 anni hanno già sei figli. Chiedo al mio amico Heng, il direttore della V & D (la Ong che attua il nostro progetto) il perchè di tutti questi figli....la risposta è assurda e logica allo stesso tempo...qui non esiste niente, né luce, né televisione, solo qualche radio alimentata con le batterie delle auto, la sera alle 18 non si vede ad un metro, non esistono né locali nè svaghi, c'è solo acqua, fango ed animali...si va a letto alle 19, fare figli è quindi una cosa quasi scontata.
A chi imputare questa situazione è difficile capirlo; prima la guerra del Vietnam che ha visto coinvolta la Cambogia con i pesantissimi bombardamenti americani per stanare i vietcong, durati anni e senza ritegno per la popolazione, poi l'assurda ascesa del regime di Pol Pot e dei khmer rossi, che nella pazzia di creare un regime maoista di tipo agricolo, hanno sterminato circa 2 milioni di cambogiani. La Cambogia non si è mai ripresa da queste profonde ferite, forse per colpe proprie, forse perchè lasciata allo sbando dalla comunità internazionale; resta il fatto che qui, come si esce dalle poche città, si vive davvero a stento, anzi si tenta di sopravvivere.
La prima mattinata nei villaggi è stata, pur nella sua pesantezza dovuta a quanto si vede in giro, tutto sommato piacevole...sole, caldo, terreno accessibile, barca che si ferma senza problemi sulle sponde, decine e decine di bambini che ti si accalcano intorno e ti riempiono di gioa. Il clima di allegria che il nostro arrivo suscita, non ti permette di pensare ai problemi che invece esistono e sono tangibili ovunque. Tutti vogliono farsi fare le foto, tutti vogliono guardare nello schermo della fotocamera per rivedersi, tutti ridono. Si visitano i ragazzi sostenuti, procedendo casa per casa, portando loro l'abbigliamento ed il materiale scolastico acquistato con il denaro dei sostenitori italiani: una camicetta, un paio di pantaloni (la divisa) ed un paio di sandali, differenziati fra bambini e bambine. Oltre a questo, si distribuiscono con criterio le magliette, da uomo, donna e bambina che avevo portato con me dall'Italia, dentro una valigia che è partita pesantissima ed è tornata vuota. Vedere in particolar modo le bambine scegliere la loro magliettina colorata, magari con l'inusuale scritta D & G, è un momento molto toccante.
Il pomeriggio, dopo un buon pranzo a base di pollo, frittata e rane, ovviamente accompagnato dall'immancabile riso, è tutta un'altra storia e la dura realtà quotidiana viene fuori tutta quanta. Piove, anzi, piove forte. Quello che assomigliava ad un viottolo si trasforma in una palude impraticabile, si formano pozze dentro le quali sguazzano beatamente bufali e maiali e dentro le quali si deve passare, scalzi, per proseguire. Le capanne si allagano, la gente trova un po' di riparo solo sotto il piano in legno, insieme agli animali. La luce, già poca per l'ora tarda, si affievolisce sempre di più. Si procede a senso. I bambini, per lo più senza vestiti, sono maschere di fango ed acqua. Vagano fra le capanne, ma non perdono il loro entusiasmo. Lentamente si porta il nostro contributo a tutti quanti, quando si torna alla capanna dove si trascorrerà la notte, è quasi buio. La stanchezza si fa sentire, ma non ci sarà modo di fare tardi. Giusto il tempo di sciacquarsi i piedi nel fiume e poi alle 18.30 si fa cena, alle 19 sono già disteso sul pavimento di legno della capanna migliore del villaggio, avvolto da una zanzariera ed illuminato da una fievole luce. In questa capanna, del capo del villaggio, c'è il “lusso” di un vecchio televisore a colori alimentato da batterie per le auto. Trasmette un assurdo film in cambogiano sottotitolato in cinese. Ma è tempo di un'ora, alle 21 la notte ha già avvolto ogni cosa.
La mattina seguente, alle 5.30, le decine di galli che circondano la capanna hanno già dato la loro sveglia. Colazione con riso e pollo, stamani non piove, si riparte per portare il materiale agli altri 12 bambini ancora non raggiunti. Lavarsi è solo un concetto, acqua non ce n'è se non quella del fiume. Il bagno, l'unico del villaggio, non è altro che un misero casottino, a 50 metri dalla capanna, che si raggiunge passando in mezzo a fango e galline, fornito di buco in terra che scarica direttamente nel fiume; sinceramente non se capisce l'utilità. La mattinata è lunga, girare capanna per capanna è quasi un lavoro, sempre utilizzando la barca o camminando, stavolta con le scarpe (pesantissime per i chili di fango che raccolgono) ai piedi. Si riesce a visitare tutti i bambini sostenuti. Oggi non vanno a scuola, è festa, ma non stanno certo fermi; quasi tutti sono impegnati in faccende domestiche. Chi pesca, chi lavora il riso, chi cerca il legno...qualcuno in effetti non è in casa, si lascia il materiale ai parenti. Tutti ringraziano, semplicemente, però se si guarda oltre quel sorriso del primo impatto, si nota chiaramente una tristezza di fondo che esce fuori.
Ce l'abbiamo fatta ! Siamo riusciti a raggiungere tutti e 25 i ragazzi che sosteniamo nel nostro progetto Esp. Anzi, abbiamo già individuato anche altri 2 bisognosi, che saranno aiutati da altrettanti sostenitori italiani. Come dice il mio amico Heng, questo progetto riesce a risolvere non più dell' 1% dei problemi di questa gente. Per quello che ho visto, debbo dire che ha davvero ragione. Ma questa piccolo contributo che siamo riusciti a raccogliere ed a portare concretamente quaggiù a 10.000 Km di distanza da noi in una realtà davvero inimmaginabile, pesa davvero tanto, sia per loro, sia per chi ha voluto offrirlo.
L'anno scorso ero già stato in villaggi cambogiani, quelli dove siamo riusciti a far scavare due pozzi per l'acqua potabile. Quest'anno sono voluto venire di persona qui, nei villaggi del progetto di sostegno scolastico, per vedere se davvero la realtà di questi villaggi era così difficile come avevo visto in foto. Bene, se lo scopo del viaggio era questo, ho avuto solo conferme. Qui non si vive, si tenta di sopravvivere e se questi ragazzi ci riusciranno, sarà merito anche di chi ha creduto in questo progetto. Grazie a tutti !
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